3.10.2016

MOVIMENTO

 PITTURA E PERFORMANCE DI VITO PACE




INTERVISTA di ESTERINA PACELLI


scritto
 Vito Pace
Guardia Sanframondi è un luogo del mondo. Oggi, vive un nuovo fermento artistico internazionale con artisti provenienti dall'estero e da alcune zone dell’Italia, per dare nuova linfa al centro storico del paese. Nei vicoli ci si incontra, ci si ferma per un saluto non solo con i nativi ma soprattutto con i nuovi guardiesi che si sono ben integrati nel tessuto storico-culturale del luogo. Incontro Vito Pace dinanzi alla galleria-studio Pietre Vive, artista irrequieto, mai fermo per troppo tempo nello stesso posto, sempre pronto a confrontarsi con nuove realtà,  gli domando:
Vito Pace ha un’anima variopinta passa dalla pittura al teatro, qualsiasi forma è arte?
Non è proprio così, perché le forme espressive possono essere anche banali. È un meccanismo che scatta nell'intimo, sono sensazioni che non si possono controllare, fuoriescono nei modi e nei luoghi più strani o semplicemente si manifestano. L’arte non è un mestiere che si può imparare o apprendere. L’arte è il momento, non si è mai pronti ad accoglierla appieno, a volte, capita anche dopo lunghi momenti statici, e poi, si avverte quel momento magico, di creazione … l’emozione è vera, è autentica, è vita … altrimenti si rischia di cadere nel banale.
 L’arte, secondo lei, è un mezzo per contrastare forme di impoverimento sociale? 
Vivo da qualche tempo in questo meraviglioso paese, Guardia Sanframondi, e come in ogni piccola o grande realtà vi sono momenti di atti vandalici perpetrati ai monumenti storici, sculture buttate giù da Ponte Ratello, fa male vedere il silenzio dinanzi a certe forme di violenze, perché la gente non è più abituata a parlare e a confrontarsi in modo civile e costruttivo. Più di ogni altra cosa l’arte ha il compito di sensibilizzare e denunciare, insieme ad altre persone ma anche autonomamente, ogni forma di sopruso.
In che modo?
La vita è drammatica, la mia vita è drammatica. L’artista fa parte dell’arte, è un dono.
Sto cercando di realizzare, attraverso delle performance pittoriche ma anche teatrali o semplicemente unendo le due forme espressive, nuovi stimoli verso altre forme di aperture culturali.
E’ reduce di una grande performance “I Treni e le Barche della Storia”, dove il filo conduttore è stato “il passato è oggi”
Si, la storia di ieri che si ripete oggi, sotto altre forme ma con lo stesso disagio e dolore dei popoli. In questo spettacolo c’è stato un coinvolgimento di tutte le forme espressive, dal teatro alla pittura in scena, dalla musica dal vivo al canto, varie maestranze verso un unico obiettivo, quello di fare arte “a tutto tondo”, coinvolgendo e sensibilizzando il pubblico. Il successo ottenuto è la conferma che si può fare, ed è questo il mezzo per sconfiggere il decadimento intellettuale. Vorrei ringraziare l’associazione “Laboratorio Dentro al Teatro” che mi ha dato questa possibilità, che si è trasformata in una piccola continuità collaborativa. C’è lo studio-galleria Le Pietre Vive, di cui sono anche il cofondatore insieme a Carmine Maffei, aperti ad esperienze artistiche per creare nuove condizioni di crescita non solo personale ma soprattutto del territorio. Inoltre, sono impegnato anche a Napoli in altri progetti. Una sinergia tra il piccolo e il grande centro …  il movimento!
Una vita in viaggio e sempre in posti diversi, originando una forma mentis aperta, è questo il suo segreto?
Sicuramente, ogni esperienza fa parte di me nel bene o nel male. E’ la continua trasformazione che avviene durante i miei soggiorni in posti diversi che genera il piacere di relazionarmi con l’arte e con le persone. Ultimamente mi eccita di più intervenire sul sociale che lavorare sulla tela, perché alla fine, le persone sono sempre state al centro delle mie attenzioni. E’ arrivato l’occasione di mettere in pratica il detto "impara l’arte e mettila da parte" … anche se ho scelto un posto un po’ insolito. Penso profondamente che sia arrivato il momento di trasmettere il mio "sapere". 
Ha vissuto in molti luoghi, per diversi anni a Londra, da cosa nasce la sua decisione di trasferirsi e lavorare in un piccolo centro come Guardia, ha trovato interessante il tessuto storico-sociale o semplicemente è una sfida?
Sicuramente è un mix di tutto questo. Che senso ha, acquisire un sapere e non spenderlo. Così come è impostato l’artista moderno, il suo unico scopo è di raggiungere la notorietà, essere un privilegiato rispetto a tanti altri, sinceramente, non mi appartiene questa logica. La vita d’artista non è questa. E’ altro. Per me, la vita dell’artista è quando hai un dolore e lo manifesti con grande sensibilità e soprattutto riesci a stare nelle cose … sì, nelle cose. Nella mia vita sono riuscito sempre a vivere in luoghi dove posso raggiungere un equilibrio tra il vivere e manifestare la mia arte. La scelta di Guardia mi permette tutto questo, apprezzo la cucina, tutte le cose buone che scopro ogni giorno e contemporaneamente vivo la vita qui con uno spirito internazionale. Il centro storico di Guardia ha una sua energia, non sono l’unico a pensarlo, ci sono altri artisti, provenienti da diverse parti del mondo, che hanno acquistato casa e si sono stabiliti in paese per poter catturare, attraverso la propria sensibilità, questa forza che si nasconde tra le rocce, l’acqua che scorre, la storia, le tradizioni, le credenze popolari … è localizzato  tutto in questo posto e certi istanti sono piccole magie. 
Non si è mai fermato troppo tempo in un luogo, dopo un arco di tempo, ha preferito nuove mete, perché?

Probabilmente non mi fermerò più di tanto nemmeno qui a Guardia, non dipende da me, io non metto il timer … il timer è dettato dal posto, quando io non ho più nulla da dire, non ha più senso rimanere, non c’è qualcosa che mi lega più di tanto, fino adesso è stato così -si sofferma un attimo- il tempo biologico -ride- forse inizio a pensare alla mia vecchiaia, è anche vero che ci sono novantenni che sono invidiabili per la loro vitalità …                                           L’idea di abbandonare il luogo è sempre qualcosa di importante per me, poiché  sono un autodidatta, la mia arte nasce da sé, non ho avuto una famiglia in grado di sopperire la mia indole, pertanto il mio linguaggio pittorico si è venuto a creare da sé … non è stato facile. Oggi, ciò che mi intriga è la sfida di insegnare l’arte. L’arte in relazione alla filosofia. Ai giovani vorrei donare uno strumento in più da usare nei loro momenti drammatici … devono raggiungere la consapevolezza di contare su qualcosa e non su qualcuno. Ciò lo insegna non la vita, ma la creatività. Vedo persone che sono condannati da se stessi, nel senso che non hanno mai accettato o non hanno mai visto dentro se stessi chi sono ... e non sanno ciò che loro sono. A volte è una mancanza di strumenti per capire cosa fare della propria vita e soprattutto non buttarla via, perché non c’è niente di più triste, vedere un giovane spento senza la luce negli occhi.



Si ringrazia Vito Pace per il materiale fotografico e per aver reso possibile questa intervista


opera
Vito Pace


scritto
Vito Pace


opere
Vito Pace



galleria-studio
Pietre Vive

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