8.20.2014

Alife tra archeologia, storia e tradizioni.

 « Si racconterà gloriosamente in tutto il mondo come noi, confidando nella giustizia, e difendendo le nostre cose, preferimmo morire di spada, piuttosto che consentire a mani straniere, con noi ancora viventi, di invadere le nostre terre trasformandone i cittadini in esuli! »
(Rainulfo di Alife ai suoi militi, Cronaca di Falcone di Benevento anno 1132)
 
Il mio viaggio continua alla riscoperta del territorio campano.
Percorrendo la strada statale 372 la Telesina, uscita  Dragoni Alife, inizia il cammino verso il mondo antico.
Attraverso la campagna verde lussureggiante racchiusa tra il Massiccio del Matese, arrivo alle porte di Alife, che per secoli è stato il centro di scambi fra culture diverse. Sorta tra il Lazio meridionale, la Campania settentrionale e  il Molise, Alife è a 110 m. slm, nasce nella valle del fiume Volturno e alle pendici del versante meridionale del Massiccio del Matese. La vasta pianura, resa fertile dal corso del fiume Volturno e da altri torrenti, ha da sempre costituito l’ambiente ideale per  insediamenti e di attività umane, oltre per la sua  vastità territoriale. Le prime tracce di presenza umana nel territorio alifano risalgono al Paleolitico, ma poi nei secoli si sono susseguiti le diverse invasioni dei popoli che hanno lasciato traccia della propria esistenza. L'etimologia del nome Alife è ancora molto incerta ed è oggetto di studi. Il termine greco Elaias (oliva) è l 'origine più plausibile del termine latino Aliphae. Di fatto l'antichissima varietà autoctona di ulivi "tonda allifa" sembra la prova più convincente di una etimologia con contenuto semantico.
La cittadina è conosciuta a livello nazionale anche come "Città della Cipolla". La coltivazione di questo ortaggio è storicamente attestata fin dai tempi della dominazione romana e la sua esportazione è stata per secoli la principale fonte di sostentamento dei suoi abitanti. Da pochi giorni è stato presentato il libro “Conservando sulla Cipolla in Alife. Dall’Evo Antico ai giorni nostri” di Rosario De Lello, un vero è proprio trattato di storia sulla cipolla alifana.
 
 
 
 
 
Alife ha origine osca-sannita.
A seguito dell'organizzazione socio-politica e dello sviluppo economico, fu coniata la loro moneta, il didramma d'argento del V - IV secolo a.C.
Fu a lungo in lotta con Roma dal 343 al 290 a.C.  venendo poi distrutta durante le Guerre Sannitiche.
 
Alife, sotto il dominio dei romani, fu circoscritta da una poderosa cinta muraria in “opus Incertum”. Ancora oggi conserva l’antico impianto urbanistico con strade che si incrociano ad angolo retto suddividendo la città in quattro settori. La strada che congiunge Porta Napoli con Porta Romana era detta “decumanus maximus” mentre quella che congiunge Porta Fiume con Porta Piedimonte era detta “cardo maximus”. In età imperiale la città ebbe il suo massimo splendore: la posizione geografica permise lo sviluppo dei commerci con le zone meridionali. Furono costruite il teatro, l’anfiteatro e le terme pubbliche, oltre a numerose ville suburbane decorate con grande sfarzo. Con la caduta dell’impero e l’invasione dei Longobardi la città decadde, pur divenendo sede della contea longobarda, gastaldato. 
Nel corso del IX secolo conobbe momenti bui, tra guerre, terremoti e saccheggi da parte dei saraceni.
Solo nel X secolo divenne contea e il primo conte storicamente noto fu Bernardo.
Nella seconda metà dell’XI secolo il territorio alifano ebbe momenti di rifioritura. Con la famiglia Drengot Quarrel stirpe normanna, la cittadina visse una nuova ripresa.
Il primo conte della stirpe fu Rainulfo fratello di Riccardo I di Capua a cui succedette il figlio Roberto di Alife, il cui discendente Rainulfo II divenne conte di Alife e Caiazzo. Chiese ed ottenne nel 1131 circa, dall’antipapa Anacleto II le reliquie di San Sisto I, il papa e martire, divenuto poi protettore della città e della diocesi. A lui Rainulfo II, fu dedicata la cattedrale, intitolata a Santa Maria Assunta, che attualmente conserva una cripta di grande valore storico.
C’è molto da vedere, ma bisogna essere guidati in questo piccolo gioiello di cultura e storia.  La mia guida è il professore Gianni Parisi, attivo uomo di cultura che descrive il suo territorio con la passione di chi ama la propria terra.
Si inizia dal Museo Archeologico, allestito presso la sala della Soprintendenza dei Beni Archeologici.



La sala conserva reperti provenienti dalle necropoli, databile dal VII al IV secolo a.C. da cui sono stati recuperati vasellame e bronzi lavorati di ottima qualità.
Una delle necropoli più interessanti 
è sicuramente quella scoperta in località Conca d’Oro. Gli scavi furono realizzati e sovvenzionati dalla famiglia Egg nel 1877, industriali elvetici che si erano stabiliti a Piedimonte d’Alife per la lavorazione del cotone. Scoperta per caso una delle necropoli più importanti, i lavori continuarono fino al 1884. All’epoca la legislazione vigente permetteva di mantenere la proprietà sui reperti rinvenuti, ma inseguito alle difficoltà economiche della famiglia la gran parte dei cimeli furono venduti sul mercato dell’antiquariato, mentre una parte fu acquistato dal Museo Nazionale di Napoli.
 
 
 
 
 






  
Ci spostiamo verso il Criptoportico.
E’ una meraviglia!Risalente all’ età giulio claudia(27 a.C - 68 d.C), il criptoportico alifano è tra i più evoluto, poiché mostra uno schema architettonico complesso, con pianta ad “U” articolata su tre bracci e due navate. Le navate sono divise da pilastri e coperte a volte irregolare.
Lungo le pareti interne si conservano le finestre a bocca di lupo(spiracula)che servivano per garantire il ricambio di aria con il cortile sovrastante.
Il termine criptoportico fa riferimento ad un ambiente chiuso, nascosto, ma non necessariamente sotterraneo.
Essi possono essere di uso privato e pubblico, rivestendo nell’antichità numerose funzioni. Tali strutture potevano essere impiegate come corridoi di passaggio e servizio tra un edificio e l’altro, o come strutture di contenimento per terrazzamenti artificiali, come cisterne o magazzini, ma anche come ambienti con scopi religiosi e funerari.
Prima di giungere all’anfiteatro, sostiamo al Mausoleo degli Acilii Glabrioni. La tradizione vuole che il Mausoleo sia appartenuto alla famiglia degli Acilii Glabrioni, ed è stato usato come chiesa fino al secolo scorso col nome della cappella di S. Giovanni Gerosolimitano. La struttura a forma cilindrica di 10 metri di diametro, l’interno, mostra una copertura a cupola in conglomerato cementizio, impostata su una fascia in opera incerta. Il tamburo, presenta otto nicchie a pianta rettangolare.    

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Arriviamo finalmente all’anfiteatro
 
 
 
 
 
 
 
Il monumento risale alla prima età imperiale, rilevato a poca distanza dalla Porta Napoli, a est delle mura. Parzialmente coperto, ancora oggi da abitazioni, la posizione dell’anfiteatro è stata sconosciuta fino al 1976, quando, sull’erba di un prato si notarono delle tracce semicircolari che disegnavano la pianta di un edificio, l’ipotesi furono confermate, poi, dalle foto aeree scattate sull’area.
Nel 2007 un progetto di scavo e restauro ha permesso di riportare alla luce metà dell’anfiteatro. Attualmente è visibile l’arena, il sotterraneo e resti dei setti radiali che dovevano sorreggere la cavea.
 
 
Questa prima parte del viaggio ad Alife si conclude qui, al centro dell’anfiteatro… ma
la scoperta continua!
Ad majora 
 

 

Nessun commento:

Posta un commento